Il sacro
reliquiario nel corso della processione del 5 maggio viene
accompagnato da quattro fiaccole di legno, dette "torce" o "ntorci"
nella parlata licatese o "ceri", perché alla loro sommità
recano un grosso cero, il cosiddetto "balannuni". Queste
macchine processionali, alte circa 4,5 metri, rappresentano
i quattro titoli di Sant'Angelo: dottore, confessore,
vergine, e martire. Sono condotte a spalla da otto portatori
e da due timonieri e rispettivamente una dai pastori, quella
dalla struttura gotica, una dagli agricoltori e due dagli
operatori ortofrutticoli, quest'ultime dalle linee
classicheggianti. Le ultime due, in origine, erano mantenute
col ricavato delle stoppie della contrada "Comuni", già
feudo degli Impellizzeri di S. Alessio, e della piana di
Licata.
Queste
macchine lignee, che secondo alcuni potrebbero rappresentare
anche i quattro antichi castelli della città greca o i
quattro
baluardi
medioevali edificati a difesa della città
o
secondo altri ancora le
antiche
corporazioni di
mestieri o
le navi
saracene che
inseguirono il
vascello di
Sant'Angelo
diretto in Sicilia, alla fine del mese di aprile, vengono
disposti sempre con lo stesso ordine nelle navate laterali
della chiesa del Santo Martire.
Un tempo, la
mattina del 4 maggio, il cero dell'agricoltura
veniva
portato davanti al circolo dei "massari", quello della
pastorizia, ogni anno a turno, presso la casa di un "curatolo" di mandria, che custodiva in casa il simulacro di
San Pasquale dal giorno del
sorteggio ed offriva dolci e
vino ai visitatori.
Gli
altri due, infine,
venivano portati
davanti
alle case di due ricchi
agricoltori, uno dei quali
aveva
il compito di conservare la statuina di Sant'Angelo
collocata nell'ultimo "cero".
La mattina del 5 maggio tutte e quattro le "ntorcie",
verso le ore 9, venivano trasferite in piazza Sant'Angelo e
disposte in quadrato davanti al tempio del Santo Patrono. Terminata la messa cantata, celebrata alla presenza delle maggiori autorità civili e militari, i quattro "ceri"
venivano trasferiti in piazza Elena ed aspettavano che, fattasi sera, passasse l'arca di Sant'Angelo per seguirla in processione secondo questo ordine di precedenza, per la cui
inosservanza nel 1751,
sorse un gravissimo dissidio tra le
corporazioni che i giurati riuscirono a
comporre nel
migliore dei modi: l'agricoltura (ossia la Piana), la
pastorizia (ovvero il feudo Comuni), i massari e i
pecorai.
Ma quando il reliquario di Sant'Angelo procedeva per
l'angusta via Sant'Andrea, i quattro ceri andavano a
stazionare in piazza Duomo per riprendere poi la processione
assieme all'urna di Sant'Angelo.
Dal 1999 i
quattro ceri non vengono più portati in processione. Il cinque
maggio di quell'anno, al termine della processione dell'Urna argentea,
durante l'ultima corsa del Santo, uno dei ceri
(quello dell'agricoltura, anche detto della Piana) rovinò sul selciato di piazza Sant'Angelo,
riportando seri danni. Un successivo restauro conservativo
delle quattro macchine processionali non ha comunque consentito il ripristino della
loro funzionalità.
Nel luglio 2012 l'associazione "Vivere Licata" avvia il progetto "Rivivere la festa di Sant'Angelo" che prevede la raccolta fondi popolare per la realizzazione di nuovi quattro ceri, riproduzioni fedeli degli originali, realizzati con materiale più leggero. Le opere vengono realizzate nei mesi successivi e si procede con la benedizione dei ceri Massari (3 maggio 2013), Piana (15 agosto 2013), Comuni (2 maggio 2014) e Pecorai (10 agosto 2014). Il 17 agosto 2014, dopo ben 15 anni, i devoti di Licata hanno potuto vedere l’urna del Santo Patrono
attorniata dai quattro ceri votivi, i quali hanno seguito il Santo durante la processione per le vie cittadine e da questo momento si è potuta ripristinare la tradizione.
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C. Carità: "La Vedetta" ed. maggio 2006
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Associazione "Vivere Licata"
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